Un’ora sola ti vorrei
Regia di Alina Marazzi
Montaggio: Ilaria Fraioli
Musiche: Michele Fedrigotti, Vic Vergeat
Montaggio del suono: Benny Atria
Immagini d’archivio Hulrico Hoepli
Prodotto da Alina Marazzi, Gianfilippo Pedote, Giuseppe Piccioni e Francesco Virga
Una Produzione Venerdì e Bartlebyfilm Coproduzione con RTSI-Televisione Svizzera Italiana
Anno di produzione: 2002 – Durata: 52’

 

Il film di Alina Marazzi azzera ogni regola del genere documentario per dare forma a un’opera assolutamente originale di grande poesia, dove immagine, suono e parola si fondono in un documento di straordinaria intensità visiva.
La regista è nipote di Ulrico Hoepli, uno degli storici editori milanesi, scomparso alcuni anni fa e al quale Milano ha dedicato una piazza nei pressi della libreria omonima. La madre di Alina, Liseli Hoepli sposata Marazzi, si è suicidata a trentatré anni, gettandosi dalla finestra al sesto piano del palazzo degli Hoepli, situato a poca distanza da Piazza del Duomo. La giovane donna soffriva da tempo di una acuta sindrome depressiva, e al momento della tragedia Alina aveva sette anni. Un’ora sola ti vorrei, titolo che riproduce quello di una famosa canzone leitmotiv del film, conduce lo spettatore nel delicato e toccante terreno della memoria, attraverso la lettura dei diari, delle lettere e delle cartelle cliniche delle case di cura in cui Liseli Marazzi Hoepli trascorse lunghi periodi, prima di togliersi la vita. Attraverso questi testi e le immagini dei filmati girati dal nonno sin dal 1926, Alina Marazzi scopre sua madre, ne ricostruisce il volto e la celebra ricordandola. Un film sulla nostalgia come sentimento comune, dolce, essenziale e necessario al superamento di una perdita. "Come per una magia” ci suggerisce Alina Marazzi, “in un attimo, quella misteriosa e sconosciuta persona proiettata sullo schermo davanti a me era come se fosse viva. In un secondo ero catapultata nel passato, all’epoca in cui viveva una madre conosciuta poco e molto dimenticata".

Filmografia
ALINA MARAZZI, 1964, vive e lavora a Milano. Regista di documentari è stata aiuto regista in lungometraggi per il cinema e ha collaborato a progetti di arte e video arte. 
Vogliamo anche le rose, (2007) 85’, documentario lungometraggio prodotto da Mir Cinematografica in coproduzione con RAI CINEMA e Ventura Film (CH).Distribuzione cinematografica in Italia di MIKADO. Distribuito in DVD da Feltrinelli. FOCAL Int'l Award  for Best Use of Footage in a Feature Length Production (Premio internazionale per il migliore uso di materiale d’archivio in una produzione di lungometraggio) Londra. Finalista al David di Donatello 2008. Nastro d'Argento 2008. Prima mondiale al 60° Festival di Locarno 2007, alla sezione Piazza Grande. Per Sempre (2005), 52’ co-produzione Cisa Service e RTSI, co-produzione Mir Cinema con CISA Service (Svizzera). Locarno Film festival, Torino Film Festival, Film maker Milano. Trasmesso da: RAI Tre, TSI. Un’ora sola ti vorrei (2002), 52’. Miglior documentario al Festival di Torino 2002; menzione speciale Festival di Locarno; Festival dei Popoli 2002; International Documentary Festival, Sao Paolo, Brazil; Best Achievement, Newport Doc Festival (USA); Golden Olive, Atene 2003. Trasmesso da: RAI TRE, Tele+, SkyAutore, CULT Network, RTSI, BBC, ZDF, ARTE, YLE, SVT, GloboSAT, RTBF, VRT, AVRO, Holland DigiSat. Distribuzione DVD Dolmen/MIKADO. Libro e film pubblicato nell’ottobre 2006 da Rizzoli Libri. World Sales RoCo.films (USA). Il sogno tradito,1999, (46'), prod. Camera G&P, per RAI3. Ragazzi dentro,1997, (2 x 45'), prod. Camera G&P, per RAI 2. Il Ticino è vicino? 1995, (46’), Mediterraneo, il mare industrializzato, 1993, (52’), Il declino di Milano, 1992, (52’), coproduzioni Studio Equatore-RTSI.
Da un’intervista di Tiziana Carpinelli ad Alina Marazzi (da Fucine Mute 64 – www.fucine.com)
Ho cominciato a guardare questi vecchi filmati di famiglia, dimenticati in polverosi scatoloni, a distanza di trent’anni dalla morte di mia madre, perché ad un certo punto della mia vita avevo voglia di vedere queste immagini, cosa che non avevo veramente mai fatto durante la mia infanzia. Perciò ho incominciato a proiettarli e a guardarli a lungo: è una cosa che ho fatto nell’arco di qualche anno - per 4 o 5 anni – e, mentre osservavo questi filmati, contemporaneamente ritrovavo le immagini di mia madre e di tutta la sua vita, dalla nascita fino alla vita adulta, attraverso l’infanzia e l’adolescenza; guardavo queste immagini e in realtà vedevo anche tutte le altre immagini che fanno parte della memoria della mia famiglia (…) Non era chiaro che io sarei andata a fare un film. A un certo punto, però, ho voluto trasferirli su video da 16 mm, e ho chiesto a un’amica montatrice di montarli e di fare una selezione per avere un filmato che durasse meno delle venti ore che avevo visionato io ad uso personale. È stata la prima volta in cui io ho guardato queste immagini assieme ad una persona estranea - la montatrice appunto - che si chiama Ilaria Fraioli e che ha montato, in seguito, anche il film. E per la prima volta, vedendo queste immagini con lei, queste immagini hanno assunto anche un altro significato: capivamo che avevano un potenziale – anche prettamente emotivo – che andava al di là della mia storia personale; così ci siamo messe al lavoro in maniera piuttosto libera, e abbiamo cominciato a montare delle sequenze in maniera abbastanza poetica, accostando della musica e basta (...) Abbiamo ripreso in mano il vecchio montato e in quella fase io ho consultato anche i testi, i diari e le lettere di mia madre che erano stati, anch’essi, conservati; per cui ho cominciato a lavorare su una selezione di brani che potessero essere accostati alle sue immagini e che potessero dare un senso più intelligibile a chi sarebbe andato a vedere questo filmato. Alla fine di questi due mesi il film aveva assunto una forma che era molto vicina a quella della versione definitiva e, man mano che lavoravamo a questo montaggio, io andavo, in qualche modo, alla ricerca di altre notizie e di altri materiali; per esempio: sono andata a cercare le cartelle cliniche negli ospedali in cui mia madre era stata ricoverata, ho recuperato delle fotografie che poi ho accluso nel film, ho girato io stessa delle immagini che sono appunto le immagini delle carte, dei diari e delle cartelle cliniche originali e in più anche altre immagini che ho filmato io seguendo un principio di libera associazione visiva di idee. Per tutti questi motivi, si è trattato di un lavoro direi quasi “da detective”, come se, mentre stavo lavorando a quel filmato, stessi in realtà facendo un’indagine sulle cose accadute, su quello che era successo, ma soprattutto credo che, alla fine, si sia rivelato un processo di conoscenza di quella persona che avevo conosciuto ben poco. Il film ha così assunto una sua identità e da un certo punto in poi è diventato una cosa che non era più “mia” e poi lo è diventato in maniera totale quando ha effettivamente iniziato a circolare e a essere proiettato pubblicamente (…) Facendo questo film io ho rimesso in atto un dialogo che nella vita è mancato, il dialogo tra me e mia madre (…) Io mi sono accostata a questo lavoro in un modo - chiamiamolo così - “da donna adulta”. Avevo già più di trent’anni ed ero comunque più “grande” di mia madre: lei è morta quando aveva trentatré anni ed io ho cominciato questo lavoro quando ne avevo già trentaquattro o trentacinque, per cui ad un certo punto è successa proprio questa inversione di ruoli; cioè se inizialmente era come se ci fosse stata una parte di me bambina che andava alla ricerca della mamma perduta, seguendo un impulso di tipo affettivo, vedendo poi le immagini di lei bambina, ascoltando le sue parole, di lei piccola, io ho capito che, in qualche modo, proprio in quel momento mi stavo prendendo cura io di lei, per cui mi è venuto fuori un senso di protezione, proprio così, anche quasi materno, nei confronti di mia mamma “piccola”, e questo forse mi ha dato anche quella giusta “distanza”, e la domanda che mi facevo non era più perché è successo, perché lei non c’è più, eccetera, ma era chi era questa persona; e quindi, nel corso del lavoro, anche il mio atteggiamento è cambiato.